Che cos’è la mediazione di cui tanto sentiamo parlare? È l’attività svolta da un terzo soggetto imparziale e neutrale, chiamato “mediatore”, che facilita nelle parti in causa la ricerca di un accordo di conciliazione quando ci si ritrova in una situazione conflittuale.
Se andiamo all’etimologia della parola, vediamo che essa deriva dal latino “mediare”, ossia “stare in mezzo”, “interporsi”, “mantenersi in una posizione intermedia”; interporsi, perciò, tra due parti in conflitto: questo stare in mezzo, però, è volto alla ricerca di un accordo, quindi al mettere in relazione. “Mediazione” indica, infatti, un processo che cerca di sbloccare una situazione apparentemente inestricabile, facilitando l’apertura di canali comunicativi fino a quel momento chiusi.
La mediazione nasce ufficialmente negli Stati Uniti nel 1913, con l’introduzione del servizio di Conciliazione all’interno del Dipartimento del Lavoro.
In Italia è stata introdotta, invece, soltanto nel 2010, diventando però obbligatoria quando la controversia tra due o più parti ha come oggetto diritti reali, quali proprietà, patti di famiglia, risarcimento danni, contratti etc. Più tardi il testo di legge è stato modificato con l’attuazione dell’art. 60 del 18 giugno 2009 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e penali e recentemente di nuovo modificato il 9 giugno 2021 (Riforma Cartabia), con la finalità di incentivare la negoziazione e la mediazione familiare.
Ci possiamo chiedere chi è il mediatore, qual è il suo ruolo… esso va concepito come un terzo che svolge un ruolo di facilitazione della comunicazione tra le parti in conflitto, al fine di chiarificare le rispettive posizioni e la ricerca di possibili soluzioni del conflitto che si sta svolgendo.
Vediamo in maniera più dettagliata cosa sono il “negoziato” e la “mediazione familiare”:
- Il negoziato è un mezzo efficace per ottenere dall’altro le concessioni desiderate. È una comunicazione attiva in entrambi sensi, che ha come fine il raggiungimento di un accordo quando le due parti hanno interessi in comune e altri in contrasto. Ciascuna delle parti si arrocca su una posizione, la difende e fa concessioni per raggiungere un compromesso. È molto difficile però comunicare senza irritazione e fraintendimenti, infatti, ciò che spesso ci si scorda è che quando comunichiamo stiamo entrando in relazione con persone in carne e ossa che provano emozioni e sentimenti e non con rappresentazioni astratte dei principi in conflitto. Il lavoro comune per arrivare ad un accordo prevede, dunque, un impegno psicologico per una comunicazione efficace, utile ad un esito soddisfacente.
- Il processo di mediazione familiare punta, invece, al raggiungimento di accordi equi e duraturi tra i genitori che si stanno separando, per la tutela dei figli minorenni e per il mantenimento dei legami generazionali. Il rapporto tra il mediatore e la coppia è circoscritto al raggiungimento di accordi precisi e concreti rispetto a quanto concordato. L’aspetto più complesso della mediazione riguarda sicuramente il fatto che si occupa allo stesso tempo di favorire aspetti separativi (coniugalità) e di incoraggiare aspetti di unione (genitorialità). Si ricerca una soluzione soddisfacente per la suddivisione beni, spazi, ecc. e si incoraggia l’apertura di un canale dialogico dei genitori su quanto concerne i figli. Fulcro di ogni processo di mediazione deve essere la collaborazione senza la quale non è possibile individuare soluzioni efficaci per uscire dalla impasse di un conflitto. È importante sottolineare che il mediatore non è preposto a vicariare la coppia genitoriale nel prendere decisioni, potrà, però, indicare ulteriori soluzioni. La mediazione familiare è un intervento di breve durata (10-12 incontri), anche se è possibile incontrare situazioni che necessitano di maggior tempo, sempre circoscritta alla risoluzione del conflitto focalizzato.
Riferimenti bibliografici
R. Fisher, W. Ur, B. Patton, L’arte del negoziato, 2017
D. Mazzei, V. Neri, La mediazione familiare, 2017.