Di Dott.ssa Barbara Calcinai, Psicologa – Psicoterapeuta
In un amore tossico scivoli da un girone dell’Inferno a un altro, sempre più in basso, sempre più nel buio e nell’umiliazione. E ogni volta che incontri il tuo custode infernale continui a scambiarlo per un angelo.
(Fabrizio Caramagna)
La love addiction è una delle cosiddette “nuove dipendenze”, che non ha ancora lo status di un disturbo mentale a sé stante, ma che tanta sofferenza provoca nell’individuo che ne è affetto, il cui benessere mentale dipende totalmente dal comportamento del partner.
Essa trova le sue origini nell’infanzia del dipendente; spesso viene a gettare le sue radici, infatti, quando il bambino fin da piccolo, per ottenere considerazione ed attenzione da parte di uno o di entrambi genitori, è costretto a mettere da parte i propri bisogni e i propri desideri a vantaggio di quelli del caregiver di riferimento.
Quello che succede in questi casi è che il bambino cerca di utilizzare una strategia salvifica nei confronti dell’adulto significativo (“io riuscirò a salvarti”), per riportare in famiglia un equilibrio affettivo che è venuto a sbilanciarsi. Spesso i genitori del dipendente affettivo sono persone con significative problematiche di dipendenza da sostanze stupefacenti, medicinali o alcol, il cui comportamento incoerente e instabile conduce il bambino a una precoce adultizzazione, nell’intento di farsi carico affettivamente della sua famiglia.
Il tipo di attaccamento ai caregiver principali che il dipendente affettivo sviluppa è, quindi, di tipo insicuro / ambivalente. Fin dall’inizio, uno o entrambi i genitori non vengono percepiti né vissuti dal bambino come una base sicura da cui partire per esplorare in tranquillità l’ambiente, il mondo e le relazioni e a cui poter far ritorno ogniqualvolta c’è bisogno di fare “rifornimento” di protezione e calore. I caregiver, costantemente occupati con i propri problemi, sono stati presenti ma affettivamente incostanti e incoerenti, provocando nel bambino perplessità e insicurezza, a cui cerca di supplire assumendosi responsabilità e ruoli che non gli spettano perché ancora piccolo.
L’amore dei genitori si trasforma, allora, in una “sfida” da vincere a tutti i costi, pena il ritorno della paura abbandonica: la lontananza emotiva della figura di attaccamento ha causato, infatti, precocemente angoscia e terrore della separazione e dell’abbandono. Il dipendente affettivo ha, infatti, il terrore della separazione, di cui non riesce a tollerare neppure il pensiero senza provare una fortissima ansia che non riesce a gestire e che si scarica attraverso comportamenti impulsivi e/o compulsivi.
Le relazioni romantiche che il bambino sperimenterà quando sarà diventato grande, saranno ricalcate sul modello disfunzionale che si è creato e consolidato durante gli anni dell’infanzia, riattivando quella modalità salvifica di amare (“io riuscirò a salvarti”), che precedentemente aveva funzionato, ma stavolta nei confronti di un partner emotivamente distaccato, distante, evitante o francamente respingente, da inseguire con accanimento per raccogliere briciole di attenzione. I possibili partner affettivamente disponibili vengono, invece, scartati immediatamente perché ritenuti “noiosi” dal dipendente affettivo, che va proprio alla ricerca della sfida, dell’inseguimento di un partner freddo e non coinvolto a livello emotivo.
Si ritrova anche una certa quoto di narcisismo nei dipendenti affettivi, che percepiscono di avere un certo potere e un certo tipo di controllo sulle relazioni affettive, perché sanno di essere molto competenti nella lettura delle emozioni dell’altro (Gritti, 2018), quindi in grado di “amare” più intensamente. In realtà, la dipendenza affettiva è un modo per riempire un vuoto interiore che si è formato negli anni infantili e che non può che diventare sempre più profondo finché si rimane invischiati nella dinamica di “tiro alla fune” dipendente – evitante, perché ciò che viene a mancare davvero al dipendente affettivo è il sapersi prendere cura di sé in autonomia, imparare ad auto-regolare le proprie emozioni e prima ancora a “leggerle” e a mentalizzarle (Gritti, 2018).
Uscire dalla dipendenza affettiva è possibile, ma è faticoso e necessita di una grande volontà di attuare un profondo cambiamento nel proprio modo di allacciare le relazioni. Farlo in autonomia da può essere un’altra sfida destinata al fallimento; è, pertanto, opportuno affidarsi a un professionista formato nell’ambito della dipendenza affettiva e della terapia di coppia. Anche gli interventi di gruppo possono risultare molto efficaci nel trattamento delle relazioni disfunzionali.
Vi ricordiamo che Lo Schicco di Grano APS organizza gruppi dedicati specificamente alla dipendenza affettiva e alle relazioni romantiche disfunzionali.
Per informazioni, basta inviare una mail a: associazioneloschiccodigrano@gmail.com.
Riferimenti bibliografici:
Calcinai, B. & Savelli, L. (2024), Quando l’amore non basta. Le relazioni tra danno e cura. Roma: Alpes Italia.
Gritti, M.C.,Dipendiamo. Un trattamento sistemico di gruppo per la cura della dipendenza affettiva, in «La società degli individui. Quadrimestrale di filosofia e teoria sociale», n. 61, 2018/1, Milano: FrancoAngeli.