di Linda Savelli, dottoressa in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità e dottoressa in Filosofia
Invecchiare è un processo naturale complesso, non necessariamente patologico, che riguarda tutti noi. Oggigiorno, grazie all’aumento della speranza di vita anche in età avanzata a cui la nostra società è andata incontro dal Novecento a oggi per merito delle migliorate condizioni igienico-sanitarie, dell’impressionante sviluppo tecnologico e di un maggior benessere economico di cui beneficia una più ampia parte della società, si assiste a un aumento del numero dei “grandi vecchi”.
Dato che in Italia la popolazione che raggiunge la tarda età avanzata cresce in maniera esponenziale, e per contrastare quelle “perdite” a cui tutti andiamo incontro invecchiando, è di fondamentale importanza che la popolazione anziana si mantenga attiva e autonoma il più a lungo possibile, sia per godere di una miglior qualità della vita, che per mantenere entro livelli accettabili i costi legati all’accudimento e alle cure sanitarie. Se bisognerebbe accingersi a “invecchiare con grazia” quando si è ancora giovani, mantenendosi sani, attivi e in buona forma seguendo una dieta adeguata e un corretto stile di vita; durante la terza età, cioè quando normalmente ci si ritira dal lavoro e sia hanno meno stimoli sociali, risulta di grande importanza cercare di preservare il più a lungo possibile i principali processi cognitivi: attenzione, memoria e linguaggio.
Alimentare la propria curiosità, continuare ad accrescere il proprio bagaglio di conoscenze, dedicarsi a hobbies piacevoli e leggermente sfidanti, ci permette di “allenare” la nostra mente divertendoci e tenendoci impegnati. La memoria risulta forse il processo cognitivo più significativo per tutti noi perché è ciò che ci permette di mantenere la nostra identità: noi, infatti, siamo la nostra autobiografia, la narrazione della nostra storia, suddivisa per periodi, per “capitoli”: gli anni della prima infanzia, la scuola, il primo amore, il matrimonio, i figli, ecc.
Preservare intatta la nostra memoria autobiografica significa, allora, preservare la nostra identità, la nostra storia, il nostro testamento più prezioso per nostri figli e i nostri nipoti.
Ci si può allenare a mantenere una memoria autobiografica “ben rodata”?
Sì, e possiamo farlo anche in modo piacevole: per esempio, ripassando nomi e volti della nostra storia tramite le vecchie fotografie di famiglia, magari provando a rintracciare l’anno in cui sono state scattate oppure incollandole su un album con un criterio temporale; ricostruendo con parenti e amici gli eventi importanti che abbiamo condiviso (cerimonie, viaggi, aneddoti ecc.); rileggendo vecchie lettere o diari. Importante risulta anche potenziare o mantenere il più a lungo possibile la nostra memoria prospettica, cioè quella memoria che ci permette di arrivare di ricordare che abbiamo un appuntamento il tal giorno alla tal ora, di assumere una medicina all’orario indicato dal medico e di ricordarci di uscire per fare la spesa quando non abbiamo più niente in casa.
È proprio la memoria prospettica che ci permette di poter vivere in autonomia e di poterci occupare con tranquillità di tutte le incombenze quotidiane, da quelle più semplici a quelle più complesse. Per aiutarci a ricordare le molte cose che dobbiamo fare ogni giorno, possiamo provare a scriverci gli appuntamenti in colori diversi e ben visibili su un calendario da parete, su un’agenda da tavolo o su dei post-it da attaccare al frigo: già l’atto in sé di scrivere ciò che dobbiamo ricordarci ci permette di fornire di significato e importanza l’evento, che quindi ricorderemo con maggior facilità.
Giocare a carte, fare giochi di tipo enigmistico, costruire puzzle, leggere o ascoltare audiolibri sono tutte attività che stimolano la nostra mente e la nostra attenzione: essa è ciò che permette alle informazioni esterne di “arrivare” alla memoria; pertanto, più prestiamo attenzione al compito che stiamo portando avanti e maggiore sarà poi la nostra capacità di andarne a recuperare il ricordo.
Da tutto ciò si capisce che per ciascuno di noi è importante potersi dedicare ad attività che interessanti e gratificanti: la motivazione, infatti, cala bruscamente davanti ad attività noiose, banali o senza senso e con essa cala anche il nostro livello di attenzione. Se la mente si mette a “divagare” è improbabile che poi si riesca a recuperare il ricordo di quel momento (come ben sanno gli studenti che si distraggono durante la spiegazione cdi un docente!), pertanto, dobbiamo sforzarci di prestare adeguata attenzione quando vogliamo ricordarci qualcosa.
Se è vero che la capacità attentiva si riduce con l’aumento dell’età, è anche vero che viviamo in una società che ci sovrastimola costantemente, bombardandoci con messaggi sia visivi che uditivi di ogni tipo (jingles, insegne luminose, video, messaggi istantanei ecc.), quindi lo sforzo che dobbiamo fare per concentrarci è impegnativo. Esistono, però, alcuni semplici accorgimenti, di cui qui riportiamo qualche esempio, che possono rivelarsi molto efficaci per contenere la distrazione: silenziamo il cellulare quando stiamo leggendo, guardando un film o parlando con qualcuno; cerchiamo di non fare troppe cose simultaneamente… altrimenti è molto probabile che qualcuna ce la scordiamo! Quando rientriamo a casa, cerchiamo di riporre le chiavi e gli altri oggetti importanti sempre nel solito posto, così saremo sicuri di ritrovarli senza dover perdere tempo a cercare in giro. Facciamo le cose dedicando a ciascuna incombenza la giusta quantità di tempo: la fretta ci distrae e ci porta a fare le cose con l’ansia. Infine, quando parliamo con qualcuno al cellulare cerchiamo di ascoltare con attenzione ciò che l’altro sta dicendo, senza eseguire nello stesso tempo compiti che necessitano di grande attenzione, altrimenti non ci ricorderemo cosa ci è stato detto. In alternativa, è preferibile chiedere all’interlocutore di risentirci in un altro momento.