di Maria Scorzo, Psicologa – Psicoterapeuta
In Italia più 3 milioni di persone sono disabili e quasi 338 mila studenti con una disabilità certificata hanno frequentato le scuole di ogni ordine e grado nel 2022/2023. Al di là del tipo di disabilità dell’individuo, come può essere concretamente affrontata in seno alla famiglia?
Molti sono gli aspetti da tenere in considerazione: il tipo di handicap, le risorse economiche e sociali disponibili, i sussidi da poter richiedere ma, soprattutto, è necessario considerare che la famiglia dovrà riorganizzarsi, sia a livello cognitivo che emotivo, perché la nascita di un figlio disabile è un evento fortemente perturbante. Se, infatti, la nascita di un figlio normodotato attiva sia emozioni positive quali felicità, gioia e aspettativa, così come vissuti di incertezza, ansia e paura, l’arrivo di un bambino disabile può provocare alla coppia genitoriale un forte stress e uno vero e proprio shock emotivo. È così da subito necessario mettere in campo molte risorse: emozionali (capacità di gestione dell’ansia e della frustrazione), cognitive (elaborazione dell’evento), sociali (chiedere aiuto alla famiglia d’origine o ai servizi) ed economiche (proprie o relative ai sussidi economici da poter richiedere).
Con lo sviluppo del bambino disabile, la famiglia si trova ad affrontare sempre nuove sfide, tra cui la cura e l’assistenza continua del figlio che cresce. Spesso a uno dei due genitori è richiesto di fare delle rinunce riguardo alla sfera professionale o privata, per poter accudire il figlio disabile per tutto il giorno. In questi casi, uno dei genitori assume, quindi, il ruolo del caregiver, che si fa carico dell’assistenza quotidiana del bambino disabile.
Il rischio di burn out è concreto, pertanto, è fondamentale uscire dall’isolamento creandosi una rete familiare d’appoggio, ma anche chiedendo sostegno ad associazioni e a professionisti esperti di disabilità.
Spesso in famiglia sono presenti anche fratelli e/o sorelle, maggiori o minori del disabile. Parlare di disabilità con i bambini non è semplice, ma la prima regola da seguire è porre attenzione al linguaggio, evitando parole che trasmettano stigma, disprezzo oppure pietismo. Anche raccontare mezze verità è da scartare: i bambini si accorgono fin da piccoli che il loro fratello o sorella è “diverso” per alcuni aspetti e dobbiamo rispondere in maniera sincera, per quanto adeguata all’età, alle loro legittime domande e perplessità.
Quali sfide devono superare i fratelli e le sorelle dei bambini disabili? Per loro può essere difficile accedere a informazioni chiare e corrette sul tipo di disabilità del fratello/sorella, così come può essere complicato entrare in relazione con lui/lei (condividere interessi, giocare). A livello emotivo, fratelli e sorelle possono provare un forte senso di colpa per essere i figli “sani” della coppia, oppure imbarazzo in pubblico per i comportamenti peculiari tenuti dal bambino disabile; possono diventare perfezionisti ( cercare di “essere bravi” a tutti i costi per non far preoccupare ulteriormente i genitori), o, infine, sviluppare uno spiccato senso di responsabilità, maggiore di quello che l’età consentirebbe.
Esistono delle strategie educative efficaci per quei genitori che hanno un bambino disabile e uno o più bambini “sani”?
Se i fratelli del bambino disabile sono piccoli, possiamo leggergli dei libri sul tema scritti apposta per i bambini, come “Il guanto di mio fratello. La disabilità spiegata ai bambini” di Giulia Franco (Il prato, 2021), “Che cos’è un bambino? di Beatrice Alemagna (Topipittori, 2008).
Nel caso in cui i fratelli o le sorelle sono, invece, già adolescenti può risultare utile incoraggiarli a praticare uno sport e a partecipare a incontri tematici, per sentirsi meno soli e parlare del loro vissuto e delle loro emozioni anche in gruppo.
Bibliografia:
Sorrentino A.M., Figli disabili. La famiglia di fronte all’handicap. Raffaello Cortina Editore (2006).
Sitografia:
Fonte Istat