di dott.ssa Barbara Calcinai, psicologa – psicoterapeuta, presidente “Lo Schicco di Grano APS”

Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, o ADHD, è un disturbo evolutivo che va a inficiare in maniera significativa le abilità attentive (attenzione selettiva, divisa, alternata e sostenuta), nonché le capacità di autoregolazione comportamentale dell’individuo che ne soffre; il disturbo generalmente si presenta con: disattenzione e facilità a distrarsi; scarsa capacità di concentrazione, iperattività motoria, irrequietezza, difficoltà nel controllo degli impulsi e difficoltà nella regolazione delle emozioni e della motivazione, che non risultano in linea con l’età e la fase di sviluppo dell’individuo.

I sintomi, che appaiono durante l’infanzia, possono essere presenti anche durante l’adolescenza e l’età adulta, sebbene si possano trasformare con lo sviluppo. Il bambino con ADHD, sia che presenti la forma con disattenzione, sia che presenti quella in cui è predominante l’irrequietezza e l’agitazione motoria, riscontra significative difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi scolastici, ma anche di quelli legati alla sfera del tempo libero (sportivi, hobbistici ecc.) perché incapace di mantenere abbastanza a lungo l’attenzione su un compito specifico; sperimenta, inoltre, marcate difficoltà nelle interazioni quotidiane con i familiari e con i coetanei.

Va ricordato che l’ADHD non è una fase evolutiva attraversata da ogni bambino (sono molti i “bambini vivaci, soprattutto sotto i 7 anni di età, ma ciò non significa che abbiano un disturbo dell’attenzione), ma è un vero e proprio disturbo, classificato anche nel DSM, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Accade però piuttosto spesso che i genitori di bambini con un disturbo dell’attenzione si sentano colpevoli per la condizione del figlio, ritenendo le sue difficoltà una diretta conseguenza della loro modalità educativa, ma non è l’educazione impartita dalla coppia genitoriale la causa che innesca questo disturbo.

A esso, infatti, sottostanno complesse cause multifattorali, e il bambino che ne soffre non deve essere considerato come “menefreghista” o “maleducato”: il bambino, infatti, non riesce a regolare la propria attenzione e il proprio comportamento, quindi, trova difficoltà nell’obbedire alle norme, agli ordini e nel gestire adeguatamente le proprie emozioni (tristezza, rabbia ecc.), nonché la propria frustrazione davanti a un divieto o a un rifiuto e nel gestire la propria motivazione a fare (si distrae; si stanca degli stessi stimoli; sente la necessità di cambiare attività). Il bambino con ADHD, dunque, può manifestare insofferenza e svogliatezza verso un’attività proposta, che sia ludica o scolastica è indifferente, dopo pochissimo tempo che l’ha intrapresa; quindi, passare ad altro di sua iniziativa senza aver portato a termine il compito e dimenticandosi nel frattempo le regole e le istruzioni impartite per completare l’attività.

La sua agitazione motoria può presentarsi anche durante l’orario dei pasti e condurlo a non riuscire a star seduto, così come in classe, dove non riesce a seguire le lezioni con costanza perché si distrae, si alza in continuazione, interrompe l’insegnante e i compagni, fa domande che possono anche non essere correlate con l’argomento trattato, canticchia, girella per l’aula e giocherella con gli oggetti. L’ADHD è un disturbo capace di generare stress e frustrazione sia nell’individuo che ne soffre, sia nella famiglia e negli insegnanti, è quindi necessario, in caso di presenza di sintomi legati all’iperattività o all’eccessiva distrazione, procedere precocemente con una valutazione e una eventuale diagnosi, per poi attivarsi per efficaci forme di trattamento. Poiché si tratta di un disturbo cronico, l’ADHD dovrebbe essere trattato a diversi livelli: con cure farmacologiche (che può prescrivere il medico), con percorsi psicoterapici o di sostegno, con tutoraggi specifici, nonché attraverso la psico-educazione e il parent training specifico. Da sottolineare come alcuni di questi interventi includano anche la famiglia, nell’ottica di ripristinare un clima più disteso e collaborativo.

 Un trattamento innovativo che si sta dimostrando sicuro ed efficace nella stimolazione dell’attenzione e della concentrazione è la fotobiomodulazione, una metodologia non invasiva a luce infrarossa che stimola gli impulsi elettrici delle cellule neuronali e il loro rigenerarsi. Si tratta di una tecnologia facilmente utilizzabile anche con i bambini perché non limita la loro libertà di movimento. Questa nuova terapia (nel caso di Neuro gamma 4 di Vielight) è basata sull’uso dell’energia elettromagnetica non ionizzante, che va a stimolare cambiamenti fotochimici nelle strutture cellulari ricettive ai fotoni. Lo strumento che viene utilizzato per le sessioni di fotobiomodulazione è un casco facile da indossare, corredato da cluster LED per la stimolazione transcranica, il quale non impedisce all’individuo di muoversi. Le sessioni durano circa 20 minuti l’una e possono essere eseguite in studi professionali.

Nel mio studio professionale offro la possibilità di effettuare sessioni di fotobiomodulazione, in associazione a percorsi di sostegno o psicoterapici e a parent training per i genitori, nell’ottica di una presa in carico globale dell’individuo con ADHD e della sua famiglia.

Lo Schicco di Grano APS vanta tra i suoi collaboratori anche Tutor qualificati per il sostegno allo studio e per sostenere lo studente nell’apprendimento di un metodo di studio efficace che possa risultargli utile anche nel corso del proseguimento degli studi.

associazioneloschiccodigrano@gmail.com

Per informazioni sulle sessioni di fotobiomodulazione, potete scrivermi a:

studio@barbaracalcinai.it